STAY COOL. BE SOCIAL.

sabato 11 maggio 2013

DALL'ANARCHIA | Vladimir D'amora

Resta del corpo l'animale muto © MARLA LOMBARDO
Gli veniva stretta ogni regola. E sebbene non facesse che scordarsene, e intorno tutto premesse perché l'imposto fosse una pianta, forse dai fiori scuri e inestirpati, che si teneva nelle radici ostinata, c'erano sforzi. Durevoli come implosi stenti.
Le regole ormai gli facevano in ogni dintorno una girandola lucentissima di movimenti e lumi precisi come dettati macchinici, colonie di quel fantastico che si stringeva affamato a madri d'origini celate e rissose nel gelo, e tutto era forte, tutto si riviveva d'una indipendenza riservatissima. Erano leggi, oggetti, versi, relazioni, conati, ragioni, menzogne, insistenze, accordi, perdite, cose, delusioni, caccia e gioco, riflesso e distonia, e il vivente che mordeva, le lacrime inspiegate e i sentimenti piegati nella sterminata provvista e predicativa, non c'era gesto che non sostenesse una giustizia, vergognandosene, nel mezzo dell'aria e delle minime condizioni. Irrinunciabili. Poi costringeva, quasi ci fosse nato, spazi e tempi nei concetti, che ordinavano con targhe di metallo nordico, il geloso del suo; e le idee speciali come varchi ostinati e sciolti come sperma impermeabile imprigionavano impermeabili. La permanenza di un certo ritmo irregolare, piacevole, riprodotto. Insomma la pena: all'oscurità più negletta, sotto spinte di sputo, ecco luci che si facevano di ridondanze originali, grano impassibile che non c'era vento curioso incaricandosi di penetrare nel fruscio, ma sibilando vorticava, a lato, come se fosse stato un bisogno la manifestazione, quasi una decisione di piani, e destini, sangue, salvezza. Sequenze sospettabili.
Letizia, fremito, noia, acquisto. Quando acquistava, perdendo l'ente così divorato, era la dimora dell'ora, lui stesso era il rapporto stinto, queste mani sotto lo scopo, senza voce o nell'assurdo del rutilante. L'epoca piena. La sua epoca finiva nell'aderenza ai colori immaginati e nati, prima e seconda natura fossero scatole della lingua, impeccabili da riuscire pure nel vuoto che performa. Allestendo la volontà come un alibi. Accennando alla forma della mediazione, e agli eventi irriducibili, umani. Ma la croce della vita ch'era in croce, era la forma - accanto le persone cadevano come birilli roridi di sangue, e innumeri individui mancati, perché la croce complicava soltanto. Non c'era conversione. Il buono quasi una favola, e canto danza contenta. 
La forma che liberi tornando, è alla povertà di questo sole. Come una pietra che scaldi, una pietra. E il sole.
Partita a morra, senza figure. Una specie di abbozzo del libero sempre, nelle lotti irrinunciabili.

Nessun commento:

Posta un commento