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mercoledì 11 novembre 2015

INTERVYOU. Nel privé con Roberto Cecchetto, intervistato da Marla Lombardo.

Photographer Credits – Amedeo Novelli

In un panorama jazz contemporaneo popolato per lo più da cloni, quest'artista, tra i chitarristi italiani più apprezzati, è uno dei pochissimi a contribuire alla contemporaneità con un apporto originale ed una capacità di sperimentare che sa andare oltre la tradizione.

Il suo eclettismo stilistico, in questi giorni, lo stiamo ascoltando ed apprezzando con la sua nuova fatica discografica "Live at Cape Town" targata Roberto Cecchetto Core Trio, con Andrea Lombardini al basso e Phil Mer alla batteria, licenziata dall’etichetta milanese NAU Records di Gianni Barone.

Roberto Cecchetto è l'ospite di INTERVYOU, il privé di Untitled Magazine.

Photographer Credits – Amedeo Novelli

Compositore, chitarrista, improvvisatore dalla poliedrica sensibilità artistica che ha apportato un personale contributo nel campo della musica jazz sperimentale e contemporanea. Premesso che pretendo risposte che vanno in profondità, non in lunghezza, chi è, a parte tutto questo, Roberto Cecchetto?
Domanda della vita, chi sono non lo so, ad un certo punto mi sono trovato in questa realtà ed ho deciso di parteciparvi facendo ciò che sentivo più vicino al mio sentire. Difficile per me rispondere a questa domanda perché per me la vita è in continuo movimento e trasformazione.

Roberto chi o cosa ti ha portato al jazz?
Ricordo che è stata una naturale prosecuzione di ascolti: da ragazzo ascoltavo rock e mi colpirono molto gli Allman Brothers Band, in particolare il disco Live at Fillmore East. Da lì a poco scoprii Wes Montgomery e fu uno shock: capii subito che la musica mi avrebbe permesso di esprimere ciò che sentivo.

Cosa è per te “fare musica”?
Fare musica per me è come respirare, una necessità interiore, combinare tra loro i suoni è una sensazione che appaga la mia anima.

Photographer Credits – Federico Borselli

Photographer Credits – Federico Borselli

Come nascono le tue composizioni? Da cosa trai ispirazione?
Nascono sempre da qualcosa che mi colpisce suonando, improvvisando. Un elemento che può essere una frase, una combinazione di accordi, un ritmo, diventa il punto di partenza per sviluppare una composizione, per raccontare una storia. L’ispirazione è sempre vigile appena ascolto qualcosa che mi colpisce profondamente, le mie composizioni sono parte di me.

Chi riconosci come tuoi simili?
Bella domanda, credo quelle persone con cui comunicare diventi naturale da subito, senza parlare troppo, come nella musica.

Se io dico “Core Trio”, tu dici?
Dico un gruppo di amici che si divertono per davvero a fare musica.

Photographer Credits – Federico Borselli

Come giudichi il Paese ITALIA in genere?
L’Italia è un paese meraviglioso, pieno di persone con molto talento, ma purtroppo le persone “bloccate dentro” sono in maggioranza e le cose vanno sempre nella direzione sbagliata. Ci sono persone di potere che hanno interesse nel mantenere gli altri in uno stato culturale basso e, così facendo, la situazione non cambia, ma credo che questo sia un problema dell’umanità in generale e non solo del nostro paese.

E a Milano, che scena vedi? Cosa sta succedendo in questa città?
Sono diversi anni che partecipo poco alla scena milanese, ciò che so mi viene raccontato da giovani musicisti che ho conosciuto insegnando. Credo che Milano, nel corso della storia, sia stata una città da cui sono partite molte cose, nel bene e nel male. La scena musicale mi pare abbastanza viva e piena di giovani musicisti molto bravi, che combattono per riuscire a suonare con continuità, elemento imprescindibile per poter progredire. Diciamo che la realtà di Milano, così come quella di altre città, non è improntata allo sviluppo culturale, ma i giovani resistono sempre.

Pensi davvero che oggi sia più facile?
Al contrario, credo che oggi sia più difficile: viviamo tempi saturi di ogni cosa, sovrabbondanza in tutti i campi, dalla musica prodotta alla quantità di musicisti che vorrebbero suonare. Negli anni addietro riuscire ad emergere era forse più facile, oggi per farlo devi essere davvero forte, originale, devi uscire dal “mucchio”.

Cosa accadrà in futuro? Cosa è scritto nell’agenda di Roberto Cecchetto?
Il mio domani è sempre pieno di progetti che attendono di essere realizzati. Ho in cantiere un disco in solo, un disco con il mio trio Downtown con Maier e Rabbia, e altre cose che per il momento preferisco non svelare.

Photographer Credits – Gianni Grossi

Tre aggettivi che ti rappresentano.
Lento, imprevedibile e pensieroso.

Cosa fa Roberto quando non è un “Musicista"?
Cosa vorrei fare, bisognerebbe dire, perché ultimamente, e fortunatamente, gli impegni mi lasciano poco tempo per fare altro, comunque amo guardare film e andare in bicicletta, cose molto semplici.

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